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Il volume racconta le controversie di confine tra la Repubblica di Genova e lo Stato sabaudo nel corso del XVIII secolo. L'aggressiva politica estera intrapresa da Vittorio Amedeo II e proseguita dai suoi successori impresse un senso nuovo a dispute che spesso avevano già secoli di storia alle spalle. I sempre più frequenti incidenti alla frontiera liguro-piemontese furono affrontati così più come affari di Stato che come questione di carattere puramente locale. Il governo di Torino fu abile ad utilizzarli per cercare di aprirsi quella via al mare che avrebbe dato nuovo impulso militare ed economico al Paese. Da parte sua, il governo di Genova fece tutto quanto in suo potere per evitare un nuovo sbocco sabaudo sul Mediterraneo che sarebbe stata una vera e propria tragedia per la Repubblica. Si trattava, comunque, di una politica puramente difensiva, come avrebbe mostrato la sconfitta sul tema dei feudi imperiali degli Appennini, rivendicati ed infine ottenuti da Carlo Emanuele III. La storia è ricostruita attraverso un'attenta lettura dei fitti carteggi degli inviati genovesi e sabaudi con i rispettivi governi.